Dopo il crollo dell’Impero Romano furono principalmente i monaci Benedettini a riprendere le opere di bonifica e di riassetto di un territorio su cui la natura stava pian piano riprendendo il controllo. Le opere di bonifica dei monaci prendono piede dall’anno mille in Lombardia, per poi estendersi in Emilia nel secolo successivo. In particolare, di grande rilevanza fu l’opera di arginatura del Po, portata avanti dalle comunità organizzate in consorzi e poi anche dai comuni. Il rapporto con l’acqua resta centrale anche durante il Medioevo: non è un caso che vi sia una stretta relazione spaziale tra l’ubicazione dei monasteri e delle pievi e la presenza di corsi d’acqua e canali. Questa relazione trova le sue ragioni nel fatto che le pievi medievali avevano assunto ruoli amministrativi, tra cui la gestione dei canali e dei principali attraversamenti fluviali, dopo il crollo dell’Impero Romano. I monasteri, in particolare, rappresentano nell’alto Medioevo quello che le città avrebbero poi rappresentato nel pino e Basso Medioevo: si configuravano come centri di potere economico e politico. In tutto il territorio padano lungo il Po sorsero numerosi monasteri in stretta relazione con la trama dei corsi d’acqua, fonte principale di ricchezza.
Con la rinascita e l’affermazione delle città vanno di pari passo nuove opere di canalizzazione che si aggiungono a quelle già intraprese precedentemente: due importanti canali che secondo tradizione risalirebbero al regno di Todorico e che furono oggetto di interventi, data la loro importanza per la città: il Maggiore e il Comune, che servivano la piazza della cattedrale e la piazza civica.